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Abiti da Lavoro, la mostra sulle divise professionali in Triennale

Curiosità
7/28/14

Abbiamo visto tante cose negli ultimi mesi, soprattutto in tema di divise professionali. Imparato che una divisa non può essere solo comoda ma anche bella, di quanto sia importante una divisa ben curata per l’immagine di un locale ma anche esaltato alcuni accessori tipici. Uno su tutti: il cappello da cuoco.

La divisa professionale non ha solo una dimensione lavorativa ma anche artistica. Ce lo dimostra Abiti da Lavoro: la mostra a cura di Alessandro Guerriero presso la Triennale di Milano.   
Una collezione di 40 abiti realizzati dai designer di tutto il mondo che racconta com’è mutata la società nel corso degli ultimi anni. Il tutto grazie all’abito da lavoro e alle sue diverse declinazioni.  






La mostra nasce dalla generosità degli artisti coinvolti nel progetto, nomi di spicco tra cui Alessandro Mendini, Alberto Aspesi, Clara Rota, Antonio Marras e Nacho Carbonell. Un lavoro  svolto in collaborazione con l’associazione Tam-Tam in favore di Arkadia onlus per favorire l’inserimento lavorativo di giovani disabili. Come? Sfruttando il normale processo sartoriale. Gli artisti hanno progettato i modelli, l’associazione Tam-Tam ha realizzato i cartamodelli mentre i ragazzi disabili dell’Arkadia Onlus hanno trasformato i cartamodelli in abiti da lavoro veri e propri. 



[caption id="" align="alignnone" width="446.0"]Alessandro Mendini, Laurea Honoris Causas Alessandro Mendini, Laurea Honoris Causas[/caption]




[caption id="" align="alignnone" width="446.0"]Gentucca Bini, Abito del Pornografo Casto Gentucca Bini, Abito del Pornografo Casto[/caption]


Oltre a presentarsi come un volano per l’innovazione sociale, Abiti da Lavoro propone in Triennale una riflessione socio-antropologica sulle divise. Un tempo infatti l’abito faceva il monaco ma anche il metalmeccanico, l’avvocato, il banchiere, la signora alla moda, il fantino, il cuoco. Oggi invece (secondo gli artisti) è diventato l’espressione di scale di potere. Per questo la mostra nasce per dimostrare, attraverso una forte provocazione, come la funzione sociale dell’abito si sia rarefatta.
Cos’è diventato nell’era post-moderna l’abito? Secondo gli artisti il simbolo dell’individualismo personale, un travestimento.  

“Se prima l’abito era l’immagine che il mondo ci attribuiva oggi è l’immagine di ciò che vogliamo essere nel mondo.”



[caption id="" align="alignnone" width="446.0"]Issey Miyake, Extreme Film, Collezione Uomo A/I 2012 Issey Miyake, Extreme Film, Collezione Uomo A/I 2012[/caption]




[caption id="" align="alignnone" width="446.0"]Andrea Branzi, Post Fordista Andrea Branzi, Post Fordista[/caption]


La mostra è possibile vederla fino al 31 agosto. Detto questo, bella la provocazione messa in scena dagli artisti così come la nobile finalità (gli abiti verranno venduti con la doppia firma autore-sarto). Siamo d’accordissimo anche sull’analisi sul forte individualismo della società moderna. Non è infatti un caso che Isacco abbia la più vasta scelta di divise in Europa in pronta consegna. Il massimo quindi per esternare la personalità di ogni addetto anche attraverso la divisa da lavoro :-).